Sprovveduto è chi ritiene che Benito Mussolini fosse sprovveduto sulla conoscenza della Massoneria. La sua storia è costantemente costellata di relazioni massoniche sin dalla giovinezza socialista, pur tenendo ben lontana la fandonia sulla presunta proposta di ammissione in Loggia, reiterata per ben tre volte, in quanto sfornita di qualsiasi fondamento storico. Nella sua scalata al potere si servì delle due organizzazioni massoniche allora esistenti, il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani e la Serenissima Gran Loggia d’Italia di Piazza del Gesù, ne saggiò la consistenza ed il peso politico reale, le paragonò al peso politico e morale che poteva avere la Chiesa cattolica, fino ad allora avversata con massicce dosi di anticlericalismo, scelse di legarsi a questa per la gestione del potere in Italia. La conseguenza logica e pattizia (in quanto pretesa dalla Chiesa negli accordi segreti col cardinale Gasparri) fu la distruzione della Massoneria italiana in ogni sua componente.

Generale Luigi Capello
Generale Luigi Capello

Bisognava, intanto, rendere immune dapprima il partito fascista dalla tabe massonica, poi l’intero Paese. Forte dell’esperienza acquisita nove anni prima nel partito socialista, Mussolini organizzò con sagacia la strategia che doveva portare al bando della Massoneria. Già nel partito fascista bisogna considerare una corposa componente antimassonica costituita dai nazionalisti e dai cattolici, che furono i suoi più pugnaci alleati.

Quando fu maturo l’antimassonismo nel partito, anche attraverso la stampa, che bombardava quotidianamente i lettori rivelando presunte nefandezze dei massoni, fu convocato il Gran Consiglio, massima assise del partito dove la questione dell’incompatibilità della Massoneria fu portata all’ordine del giorno. Il giorno 13 febbraio 1923, nella seconda riunione dell’organo collegiale, dopo una discussione di cinque ore, venne approvato all’unanimità, meno quattro astenuti, col seguente ordine del giorno:

Il Gran Consiglio del fascismo, discutendo il tema “Fascismo e Massoneria” posto all’ordine del giorno della seduta del 12 corrente; considerato che gli ultimi avvenimenti politici e certi atteggiamenti e voti della Massoneria danno fondato motivo di ritenere che la Massoneria persegue programmi ed adotta metodi che sono in contrasto con quelli che ispirano tutta l’attività del Fascismo; invita i fascisti che sono massoni a scegliere tra lappartenere al Partito Nazionale Fascista e alla Massoneria, poiché non vi è per i fascisti che una sola disciplina: la disciplina del Fascismo; che una sola gerarchia: la gerarchia del Fascismo; che una sola obbedienza: la obbedienza assoluta, devota e quotidiana al capo e ai capi del Fascismo.

Quali furono le reazioni delle due Comunioni massoniche? Il Gran Maestro del Grande Oriente, Domizio Torrigiani, emanò una circolare in cui lasciava liberi i suoi iscritti di optare per il Fascismo o la Loggia; il Sovrano Gran Commendatore della Serenissima Gran Loggia, Raoul Vittorio Palermi, ritenne invece che il pronunciamento del Gran Consiglio non riguardasse la sua Obbedienza, ligia al Fascismo, bensì soltanto il Grande Oriente, verso cui manifestava un livore senza fine auspicandone la rovina. Dovette fare ammenda un anno dopo quando le squadracce devastarono anche i suoi Templi. Ovviamente vi furono fascisti massoni che optarono per il partito e massoni fascisti che optarono per la Loggia. Tra questi deve annoverarsi il generale Luigi Capello, famoso protagonista della Grande Guerra, anche se gli fu imputata la sconfitta di Caporetto, in conseguenza della quale lasciò l’esercito. Capello, che fu un fascista convinto sin dalla prima ora, come presidente del congresso fascista del 1921 da cui nacque il partito fascista, antagonista di Mussolini nel 1922 per la leadership del movimento, favorevole allo squadrismo, non esitò a dimettersi dal partito per restare nei ranghi di alto dignitario del Grande Oriente. Nel 1926 Mussolini gliela fece pagare cara con un processo farsa e numerosi anni di prigione.