Ho letto la lunga riflessione che Giuliano Di Bernardo ha pubblicato necessariamente in due parti sul suo Sito Web, provocando i lettori ad una riflessione. Lo spazio di Facebook non consente altro che battute sibilline, ma non una disamina come l’Autore meriterebbe. Devo, quindi, utilizzare il mio Sito Web per riflettere insieme a lui su quanto ha scritto, riproponendolo su Facebook all’attenzione critica dei lettori.

Premetto che non mi sono mai unito al coro dei crucifige! dell’epoca (1992-1994) perché non credo alle demonizzazioni così come non credo alle beatificazioni perché entrambe inficiate di falsità. Quindi, nessun malanimo mi muove nei suoi confronti (tanto più che non faccio più parte del Grande Oriente d’Italia), ma anzi ci sono aspetti del suo pensiero che considero validi e che condivido convintamente. Non entro, per rispetto, nelle sue vicende personali, quindi rifletto sulla sua visione della realtà massonica, sulla quale invece c’è da discutere.

Prima condivisione di vedute: il Grande Oriente d’Italia storicamente in buona sintonia col Grande Oriente di Francia e, aggiungo, col Grande Oriente del Belgio. Ѐ vero, lo dice la storia, lo predico da anni, da studioso del Rito Francese, che il periodo in cui il Grande Oriente d’Italia non ha destato preoccupazione ma stima e rispetto negli ambienti istituzionali e nella società civile è stato quel periodo che va dal 1860 al 1923, e dal 1945 al 1955.

Grande Oriente di Francia

Ma Di Bernardo precisa che «i rapporti con il Grande Oriente di Francia cominciano a incrinarsi con l’elezione a Gran Maestro di Giordano Gamberini, che si pose, tra i fini da conseguire, il riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra». Questo non è esatto sotto il profilo temporale. Così come non è esatto sostenere che la colpa è degli «Stati Uniti, i quali hanno importato la concezione “democratica” della Massoneria, e l’hanno imposta. Peggio di così la Massoneria in Italia non poteva rinascere. Della gloriosa Massoneria che esisteva prima, dalle origini all’avvento del fascismo, non resta ormai più nulla» In verità, già prima di Gamberini, il Gran Maestro Publio Cortini, perseguendo la strategia indicata dagli americani del Rito Scozzese, doveva contattare la Gran Loggia Unita d’Inghilterra (UGLE), ma per essere credibile doveva rompere i rapporti di amicizia con i francesi del Grande Oriente e della Gran Loggia, invisi agli inglesi, ed aprirli con la “regolare” Gran Loggia Nazionale Francese.

Dove poi Di Bernardo abbia riscontrato una democraticità dei massoni americani sarebbe interessante scoprirlo, dato che il GOI è stato una decina d’anni sotto l’influenza indiscutibile di Frank Gigliotti, rappresentante del Supremo Consiglio di Rito Scozzese di Washington, agente della CIA, il quale non chiedeva né proponeva, ma ordinava. Nel 1955 Cortini revocò i riconoscimenti ai francesi e accadde il finimondo: erano ancora viventi i vecchi massoni con la mentalità positivista (per usare lo stesso termine di Di Bernardo, ma sarebbe più adatto definirla “libertaria”) che glielo impedirono e l’anno successivo trovarono un pretesto per obbligarlo alle dimissioni. Ma Cortini aveva un bravo discepolo, molto diverso da lui, che allevò per futuri trionfi, Giordano Gamberini. Ciò che non riuscì a Cortini riuscì a Gamberini nel 1961. I vecchi positivisti stavano riempendo inevitabilmente le fosse, i nuovi massoni, sia per un fatto generazionale sia perché la società stava cambiando sia per la nuova catechesi che Gamberini stava lentamente impostando, si ritrovarono un bel giorno a fare i conti con una nuova realtà: l’esoterismo iniziatico. Quando si sostiene apoditticamente che «Lo specifico della Massoneria è dato dal suo fondamento esoterico e iniziatico» si afferma qualcosa di parzialmente vero. Ѐ corretto sostenere che può avere un fondamento esoterico, così come può averlo morale, oppure intellettuale. L’attribuzione della qualità iniziatica è soggettiva, non in re ipsa. Non escludo che per alcuni valga il fondamento esoterico-iniziatico, ma non escludo nemmeno le altre opzioni. Ѐ la radicalità del rifiuto di alternative che faccio fatica a comprendere. Quando si fa la differenza tra profano ed esoterico si sta operando una separazione, si sta creando un muro, che non si concilia col concetto di universalità, col “centro d’unione”. Occorre andare oltre tali distinzioni che oggi si subiscono come catene.

Dottrina che Gamberini spacciò come la vera massoneria, e quindi il passato era solo deviazione, i massoni che avevano combattuto la dittatura e si erano impegnati a costruire una società migliore venivano definiti «traditori» nei suoi libri. Propinò ai massoni italiani un minestrone misticheggiante composto da Gnosticismo e Martinismo, condito in salsa scozzese; in Italia si traducevano testi francesi adottati dalla Gran Loggia Nazionale Francese, che se la pubblicistica massonica si limitasse a questo. Fu così che avvenne quella che lo storico Novarino definì in un suo libro la “mutazione genetica” del GOI. Il resto è storia ben nota: avvicinamento alla chiesa cattolica e Loggia “Propaganda” n.2. In questo humus ci sguazzò il suo successore con intrallazzi e mattanze degli oppositori. La storia si ripete perché non insegna niente.

Quindi, il distacco definitivo dalle Obbedienze francesi non è affatto il 1972 ad opera di Salvini, ma il 1961 ad opera di Gamberini. Felicissima l’espressione di Di Bernardo quando precisa che «Licio Gelli non nasce con Salvini ma con Gamberini. È con Salvini, però, che ottiene il massimo potere», seguita dall’altra: «La trasmutazione del Grande Oriente d’Italia è stata un’operazione di vertice che la base ha dovuto subire». Perché la base dovette subirla? Perché evidentemente mancava la dialettica interna, sale di ogni democrazia e di ogni organo assembleare. E chi aveva una struttura verticistica di comando se non il Rito Scozzese? Alla ripresa del 1945 esisteva ancora un equilibrio tra le tendenze interne del GOI, Rito simbolico e Rito Scozzese, ma con le dissennate incorporazioni che furono compiute nel tempo dei gruppi scozzesi divenne ovvia la predominanza di questa tendenza. Il Rito Scozzese è un Rito meraviglioso, ma ha solo un unico grande difetto: è per pochi, per sua natura, perché è estremamente selettivo, pertanto, non può essere un Rito praticato dalla massa, ma solo da chi è adatto a vivere quell’esperienza. Un esempio di quanto sto dicendo è quello stesso portato da Di Bernardo, la Loggia Zamboni-De Rolandis. Farne un Rito di massa significa snaturarlo ed esporlo a rischi enormi di degrado, come accadde negli anni salviniani, e non solo.

C.L.I.P.S.A.S.

Duole leggere che « Per la ricerca delle fonti documentali iniziai con il Grande Oriente di Francia, ma non trovai nulla che potesse servire allo scopo» perché le fonti documentali c’erano e ci sono, non sono cambiate. Ovviamente il riferimento è al Rito Francese perché il Grande Oriente di Francia si basa precipuamente su tale Rito. Fonti come Masonry Dissected, il rapporto Herault, le Regole e doveri dell’Ordine dei Massoni del Regno di Francia, le Conversazioni allegoriche organizzate dalla Saggezza, il Corso completo di Massoneria, il Régulateur du Maçon, il Régulateur du Chevalier Maçon, datano già dalla prima metà del ‘700, ed hanno costituito le fondamenta del sistema massonico francese. Come si può definirle inutili? Si potrà tutto al più riconoscere che sono lontane dalla propria sensibilità, che è più realistico. Considerazioni che nulla tolgono, beninteso, alla validità delle fonti inglesi, che sono della stessa natura, ma di esegesi diversificate nel tempo. Non dimentichiamo che il Rito Francese è altresì detto “moderno”, non perché sia stato creato oggi, ma perché si riferisce alla massoneria moderna del 1717 della Gran Loggia di Londra e Westminster, poi gli inglesi hanno cancellato tutto con la fusione del 1813, i francesi sono rimasti fedeli alle origini. Allora, qual è la tradizione? Il problema di una massoneria religiosa il sistema francese non se l’è mai posto perché non ce l’ha. Dal 1877 è sempre stata laica. Perciò capisco bene un G:.M:. Di Bernardo che si scapicollava per evitare contaminazioni religiose nella ritualità.

Il potere di gestione inglese, che Di Bernardo descrive minuziosamente, gestito da un Gran Segretario, che ad un certo punto viene a conflitto con il Gran Maestro, nel sistema francese non ha motivo di esistere perché il Gran Maestro è solo un organo rappresentativo, né il Gran Segretario ha funzioni gestionali oltre l’ordinaria amministrazione. Nel sistema francese chi decide è il Convento dei Maestri Venerabili, chi esegue è il Consiglio dell’Ordine attraverso la distribuzione delle deleghe ai consiglieri. Certo, i problemi non mancano nemmeno lì, ma sono di altra natura. Dove c’è democrazia, dove c’è distribuzione di potere non ci sono grossi problemi di gestione; dove c’è accentramento di potere in una figura, inevitabilmente emergono problemi che ledono il corretto funzionamento dell’istituzione e la sua credibilità. Mi rendo conto che la democrazia è fatica, ma è innanzitutto rispetto della dignità, attraverso il rispetto dei diritti di tutti, e la Massoneria non è ne è esente, anzi, deve esserne modello.

Quando Di Bernardo sostiene, col candore della sua onestà, che «La mia caparbia volontà d’introdurre in Italia la pura Massoneria inglese a dispetto degli italiani, la mia rinuncia ai riconoscimenti europei e americani, il mio rifiuto ad accogliere nella Gran Loggia Regolare d’Italia il Rito Scozzese, la fondazione delle Gran Logge di Ucraina e Moldova sul modello inglese si erano rivelati, alla fine, un fallimento totale» ci sta svelando due verità: la prima è il suo scollamento dalla realtà, per cui lui andava avanti a mettere in pratica il suo programma a prescindere dagli altri, ed il risultato è stato fallimentare, forse perché la sua analisi della realtà non era corretta. E l’altra verità è che non può stare un uomo solo al comando perché il rischio di fallimento e di ritrovarsi con un despota (e non è il caso di Di Bernardo ma di altri) è altissimo.

Provo rispetto verso la sofferenza che vive oggi Di Bernardo nel constatare il disvelamento della sua illusione verso la UGLE, ma la «perfida Albione», come l’apostrofò il marchese Agostino di Ximenes nel ‘700, resta fedele a se stessa. Gli inglesi hanno subito una buona cura dimagrante in dieci anni, perdendo il 30% degli iscritti, ma non solo loro, tutta la massoneria “regolare” nel mondo ha subito riduzioni. Invero, nell’altra metà del mondo massonico, quella definita spocchiosamente “irregolare”, ma che rappresenta la massoneria adogmatica e liberale, si registra un crescente rigoglio un po’ dappertutto, a cominciare dal Grande Oriente di Francia, con i suoi 53.000 membri. Quando Di Bernardo sostiene «In un mondo sempre più globalizzato, la Massoneria tradizionale, circoscritta al territorio nazionale, non ha più ragione di essere. Le sfide che la società globale impone non possono più trovare soluzione all’interno dei singoli Stati, ma richiedono una visione più ampia che richiede strategie internazionali. Se la Massoneria vuole essere alla pari con i tempi e partecipare al miglioramento dell’umanità, deve diventare internazionale» afferma ovvietà che sono prassi quotidiana nella massoneria liberale, che conta almeno una dozzina di organizzazioni massoniche internazionali.

UGLE

La stessa ovvietà quando afferma che la «Massoneria tradizionale è caratterizzata dalla mancanza di universalità», che è invece la prima virtù della Massoneria liberale.

E infine, la grande questione della regolarità, che Di Bernardo liquida con problematiche ritualistiche. Dovremmo innanzitutto chiederci qual è lo scopo di una Comunione massonica: la conformità ai principi condivisi e, consacrati dalle Costituzioni, che indicano la specificità del proprio progetto massonico, oppure l’ossequio fedele a un modello standardizzato e confezionato da chi si è arrogato la legittimità tradizionale di legiferare, anche se smentito dalla storia? Qual è, a questo punto, la massoneria all’altezza dei tempi, il primo o il secondo modello?

Le relazioni massoniche tra comunioni si basano sulla ritualità o sui principi e i metodi? Quali relazione posso intrattenere con una Comunione, che nonostante l’adozione del medesimo rituale, presenta principi diversi dalla mia? L’armonia e la collaborazione tra obbedienza proviene dalla ritualità o da principi e metodi praticati? La ritualità non è la panacea con cui si risolvono magicamente le difficoltà relazionali, ma un aspetto, nemmeno primario, della questione. Tanto è vero che nella realtà si hanno ottime relazioni tra Comunioni, che adottano ritualità differenti.

Di conseguenza appare molto riduttiva per la sua inconsistenza, l’asserzione secondo cui «La crisi del mondo massonico, che stiamo constatando e vivendo, non è dovuta alla Patente che la UGLE conferisce ad altre Gran Logge, ma al suo indebolimento determinato dalla rinuncia al principio dell’esclusività territoriale». Al contrario, sarebbe salutare la UGLE mettesse da parte la sua vocazione imperialistica, che la porta ad autodefinirsi indebitamente “Madre del Mondo”, lasciando allo spirito di fraterna cooperazione delle Comunioni la gestione assembleare della loro realtà. L’agognata «guida illuminata» può essere suggestiva ma è fuori la realtà e contraria alla natura della massoneria. La realtà storica ha contrapposto a questo modello di Massoneria “regolare” quello liberale o adogmatico, rappresentato, innanzitutto ma non esclusivamente, dal Grande Oriente di Francia, che ne esce vittorioso per la sua sempre più ampia affermazione, con un’antropologia filosofica molto semplice e scarna, ma non per questo inefficace, che si sviluppa sui tre pilastri di base. Libertà, uguaglianza, fratellanza.

Concordo con Di Bernardo che l’indebolimento della UGLE «si ripercuote sulla Massoneria mondiale rendendola sempre più inadeguata a interpretare le esigenze del mondo contemporaneo», ma questo è valido solo e soltanto per il contesto della massoneria “regolare”. Al di fuori di questa c’è un mondo in fermento, che si sviluppa incessantemente, attraverso nuovi modelli di rappresentazioni ed elaborazioni concettuali, che noi in Italia nemmeno immaginiamo, ritenendoci forse “l’ombelico del mondo”. Se la UGLE è in crisi lo deve al distacco con la realtà, che gli sta presentando il conto, e non da oggi, Ne è prova il picconamento da lei stessa operata su uno dei suoi principi cardini, l’ammissione delle donne, dal momento in cui qualche anno fa, nel 2018, ha aperto l’ingresso ai transgender, che tutti i commentatori hanno considerato come la vigilia della caduta del tabù femminile. In questo, non ha portato novità perché preceduta dal Grande Oriente di Francia, che l’attuò nel 2010.


1 commento

Arnaldo · Maggio 30, 2023 alle 2:28 am

Ser:. mo condivido quello che hai scritto in risposta a Di Bernardo.
La Massoneria italiana dal 1970 in poi non solo ha perso il suo appuntamento con la Storia, ma anche con la realtà diventando una protesi della mafia o della Chiesa cattolica, inoltre ho visto GM e fratelli fare a gara x ottenere lo status di esperto di kabbala o altri essere semplicemente degli amministratori di condominio (con rispetto x questa categoria)

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